LE CORNELLE

Le giornate in allevamento si susseguono con la medesima cadenza, finché c’è luce, gli animali restano al pascolo, ma con il buio bisogna affrettarsi a chiuderli nel recinto anti-lupo perché i monti dell’Appennino Reggiano pullulano di branchi. Le mungiture, rigorosamente manuali, sono due al giorno. La prima, alle 5 del mattino, la fa il papà, che si alza molto presto per andare al lavoro, mentre la seconda si fa alla sera quando il gregge rientra dal pascolo.
Recinto anti-lupo
Accanto alla stalle dell’Azienda Agricola Le Cornelle c’è un recinto alto due metri fuori terra, interrato per uno e con l’estremità rivolta verso l’esterno: “è l’unico modo – spiegano i fratelli Gabrini – per proteggere le pecore dal lupo, che dopo quarant’anni è tornato a popolare l’Appennino Reggiano”.
Il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano ha anche istituito un centro permanente di riferimento per la gestione del lupo su scala interregionale, denominato Wolf Apennine Center (WAC), con l’obiettivo di aiutare gli Enti Locali nella risoluzione delle problematiche legate alla presenza dell’animale, tutelato dalla legge 357 del 1997 contro l’abbattimento.
«In questo mestiere la stagionalità è molto importante – racconta Giuliano – inizio a lavorare il latte in primavera quando la prima erba e i fiori danno profumo al latte. Qua c’è un detto che recita ‘sono tutti capaci a fare il formaggio con il latte di maggio‘. L’intenzione futura è quella di caseificare 12 mesi l’anno. Per arrivare a farlo dovremmo separare le nascite degli agnelli in due periodi, solo in questo modo ci saranno sempre animali in lattazione “.

Per quanto riguarda la distribuzione, il mercato di destinazione dell’Azienda Agricola Le Cornelle è quello locale dove il prezzo di vendita è di circa 18 euro al chilogrammo: «Venderemo al pubblico solo all’interno del punto vendita. Abbiamo già contattato i ristoratori della zona per fornire loro formaggio e ricotta. Presidiare mercati contadini e format simili non rientra nei nostri piani, troppo oneroso in termini di tempo. Invece, stiamo valutando di sviluppare un sito e avviare un e-commerce».

Ogni due giorni, Giuliano lavora il latte raccolto che, durante la prima metà di luglio, nel momento di massima produzione, equivale ad almeno 60 litri. Il pecorino viene lavorato a latte crudo, la temperatura non supera mai i 36 gradi centigradi: «utilizzo un caglio di vitello, che fa sì che il formaggio non diventi mai piccante» racconta Giuliano. Ogni 11 litri di latte, calcola, si ottengono 2 chilogrammi di formaggio e un chilogrammo di ricotta, ma bisogna tenere conto che ciascuna forma di formaggio perde il 27-28% di peso durante i mesi di stagionatura. La resa è comunque alta grazie alla metodologia di allevamento al pascolo e all’alimentazione completamente naturale degli animali. Il pecorino delle Cornelle è un presidio di biodiversità, una sorta di Manifesto caseario di questo territorio, che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha riconosciuto come Riserva della biosfera (MAB Appennino). Quello che fanno ogni giorno Giorgio e Giuliano Gabrini, portando avanti il lavoro del nonno è, come si legge anche negli obiettivi del MAB: “conservare e rinnovare lo storico rapporto di equilibrio tra uomo ed ecosistema, difendendo e promuovendo le produzioni agroalimentari di qualità”.

Latte crudo
I formaggi a latte crudo sono quelli ottenuti lavorando la materia prima subito dopo la mungitura, vale a dire il latte che non ha ancora subito alcun trattamento termico. Questo lo rende un alimento integro e vivo, che mantiene tutte le caratteristiche di partenza, i nutrienti, le vitamine, gli enzimi e i fermenti lattici.
«Il latte crudo trasferisce ai formaggi gli aromi e i profumi delle erbe e dei fiori del territorio, dà valore al lavoro dei pastori e alla manualità dei casari» spiega Slow Food, che con la manifestazione Cheese promuove la cultura del formaggio naturale, ottenuto da latte crudo. Proprio questo processo produttivo, però, è ostacolato e addirittura proibito in alcuni Paesi. L’Unione Europea consente di caseificare con latte crudo, ma le direttive lasciano ampio spazio all’interpretazione e alcuni Stati Membri rendono difficile il lavoro di chi vorrebbe produrre in modo del tutto naturale e senza ricorrere a trattamenti termici. Il Pecorino dell’Appennino Reggiano – quello lavorato da Giuliano Gabrini nel suo laboratorio – è già presente nella selezione dell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus.

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