MIELIFICIO SOTTOVALLE

Dall’autunno del 2019 il Mielificio Sottovalle ha avviato il processo per ottenere la certificazione biologica. “Tra poco meno di un anno – spiega Mattia – potrò applicare il bollino bio sui miei vasetti”. L’azienda vende direttamente tra i 2 e i 3 quintali di miele. La parte più importante della produzione, circa 15 quintali, viene invece conferita a CONAPI, il Consorzio Nazionale Apicoltori, che è l’impresa cooperativa del settore più grande d’Italia. “Ho scelto di affrancarmi dall’impegno di vendere miele al dettaglio che richiede parecchio tempo e garantisce un valore aggiunto ridotto” spiega Camuffo.

Certificazione biologica

È il Regolamento UE 2018/848 a definire le caratteristiche dell’apicoltura biologica.
Tra i fattori più importanti, ve ne sono molti che tutelano il diritto dell’insetto e altri che riguardano l’ambiente in cui vive. Il Regolamento impone che al termine della stagione produttiva nelle singole arnie: “siano lasciate scorte di miele e di polline sufficienti affinché le api possano superare il periodo invernale”, quando gli insetti non escono dalle cassette, ma hanno comunque bisogno di alimentarsi. L’apicoltore biologico ha però la possibilità di nutrire “artificialmente” le colonie di api: “soltanto quando la sopravvivenza della colonia è minacciata da condizioni climatiche avverse”. L’alimentazione cosiddetta artificiale può essere composta da: miele, zucchero o sciroppi di zucchero, naturalmente biologici. Gli apiari: “devono essere ubicati in aree con sufficiente disponibilità di fonti di nettare e polline costituite essenzialmente da: coltivazioni biologiche, flora spontanea, foreste gestite in modo non biologico o da colture trattate solo con metodi a basso impatto ambientale” e devono trovarsi “a una distanza sufficiente da fonti potenzialmente contaminanti per i prodotti dell’apicoltura o nocive per la salute delle api”. Nel raggio di 3 chilometri dal luogo in cui si trovano le api, le fonti di nettare e polline devono necessariamente “essere costituite da coltivazioni ottenute con il metodo di produzione biologico”. Infine, anche la cera per i nuovi telaini deve essere biologica.

Oggi il consumatore fatica a capire il valore del miele, forse perché pochi hanno avuto l’opportunità di accompagnare un apicoltore durante la stagione fredda, misurarne i gesti e le azioni rituali che ripete di fronte a ogni cassetta, e vedere con i propri occhi la cura necessaria affinché le famiglie passino l’inverno. Per chi non fa questo mestiere, non è facile comprendere le difficoltà che può vivere un apicoltore nell’affrontare eventi metereologici avversi, inquinamento e rischi legati alla convivenza con colture ad alta intensità di trattamenti con fitofarmaci.

Alta intensità di trattamenti

La salute delle api è fondamentale nell’azione della FAO, questo perché delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 vengono impollinate dalle api. “Negli ultimi 10-15 anni gli apicoltori hanno riferito un insolito impoverimento del numero di api e la perdita di colonie, in particolare nei Paesi dell’Europa occidentale, fra cui Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia e Spagna. Nell’America del Nord, la perdita di colonie, osservata dal 2005 a oggi, ha lasciato la regione con il minor numero di api allevate mai registrato negli ultimi 50 anni” spiega una nota dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Gli scienziati americani hanno coniato un’espressione per descrivere questo fenomeno: “sindrome dello spopolamento degli alveari”. Non è stata individuata un’unica causa per la diminuzione del numero di api: “Tuttavia – spiega l’EFSA – sono stati indicati diversi fattori concomitanti che agiscono in combinazione fra loro o separatamente. Fra questi vi sono gli effetti dell’agricoltura intensiva e dell’uso di pesticidi, la scarsa o del tutto insufficiente alimentazione delle api, virus, attacchi di agenti patogeni e specie invasive e i cambiamenti climatico-ambientali”.

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