COLOROFF

Se Sandra ritiene che l’attività agricola sia soprattutto ricerca e sperimentazione, definisce quella tintoria «pionieristica». È necessario, infatti, un passaggio di tipo culturale: «Siamo abituati a pensar al colore in termini sintetici, vale a dire al colore ricavato dalle molecole di sintesi, ma quelli naturali hanno sfumature diverse, sono completamente un altro mondo» sintetizza Sandra.
Pionieristica
“Con Effepi stiamo sperimentando le tinture cosiddette in capo, vale a dire che prevedono il bagno colore su un modello già cucito» racconta Sandra Quarantini.
Dopo aver seguito uno dei suoi workshop, chiunque, a casa propria, può cimentarsi con le colorazioni delle piante tintorie, servono, semplicemente, un pentolone, un termometro e uno strumento per misurare il pH – l’acidità o la basicità della soluzione acquosa.
La tintura può avvenire anche senza controllo della temperatura, che invece è essenziale nella fase di estrazione del colore: «In ogni pianta tintoria esistono più molecole coloranti, ed è, perciò, importante riconoscere le migliori condizioni di estrazione» spiega Sandra. Nella robbia, ad esempio, se la temperatura sale troppo il colore cambia significativamente, virando dal rosso al mattone. Ricerca e sperimentazione servono così a migliorare tutto il processo.

Nel 2019, il mondo delle piante tintorie non è più una nicchia. Anche le tintorie industriali si stanno avvicinando ai colori naturali. Lo fanno sia perché sanno che i consumatori chiedono beni green, sia perché determinati coloranti o fissanti sono stati banditi per legge. A questi soggetti ColorOff può offrire servizi di consulenza per migliorare la comprensione dei processi legati all’utilizzo delle fibre naturali. Nel laboratorio, ricavato al piano terra di un’abitazione del bel centro storico di Ostra Vetere, Sandra non di smette mai di studiare: «Le ricette che utilizziamo sono molto antiche, riprese da testi medievali, ma non tutto è spiegato. È molto importante sviluppare nuove ricette o sistemi per fissare al meglio il colore» afferma. Si prova, ad esempio, a realizzare un «mordente» – sostanza che impregnando la fibra rende possibile il fissaggio della nuance naturale – al fine di non continuare a immergere il tessuto nei sali di alluminio, che attualmente sono il metodo più utilizzato per questa pratica.

Sali di alluminio
Le tintorie sono attività industriali che producono un rifiuto speciale, acqua contaminata da sostanze chimiche di sintesi derivate dal petrolio. A livello ecologico, serve un impianto di trattamento e smaltimento che riesca a depurare questa acqua prima di reimmetterla in rete. Anche chi usa le tinture naturali fa ricorso all’immersione dei filati nei cosiddetti sali di alluminio, vale a dire minerali che modificano il PH (l’acidità dell’acqua) come: rame, ferro, solfato e alluminio. Questo significa che neanche questa può essere rilasciata direttamente nel terreno, potrebbe acidificarlo.
Una soluzione possibile, a questa esigenza, è un impianto di fitodepurazione. «ColorOff non è una tintoria, ma un’azienda agricola dove si fa il colore per tingere i tessuti, è importante che questo venga compreso. Chi vuole aprire una tintoria “tradizionale” deve farlo necessariamente nelle aree destinate alle attività industriali» sottolinea Sandra Quarantini.

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