FIOR DI MANDORLO

Nasce per questo la volontà di fare della propria azienda agricola – che formalmente è nata tre anni fa e porta il nome di Fior di Mandorlo – una fattoria didattica e non agrituristica. Simona e Giuseppe raccontano di essersi posti due obiettivi: il primo è valorizzare le coltivazioni già presenti nei terreni che possiedono o gestiscono in comodato dai genitori o dai fratelli: «Anche se ci trasferiremo a Marineo non abbiamo intenzione di abbandonare le piante, anzi,  puntiamo a incrementarne la produzione» sottolineano. Nei sei ettari e mezzo a corpo unico di Marineo, a 530 metri sul livello del mare, troveranno spazio circa 400 piante di mandorle («immagino un grande mandorleto in fiore» s’illuminano la voce e gli occhi di Giuseppe mentre parla) di due varietà – la Genco e la Tuono – scelte insieme al  consulente agronomo Fabio Calamonaci per la capacità di adattarsi al clima estremamente caldo della Sicilia durante l’estate, prima della raccolta del frutto. «Il mandorlo è una pianta rustica, robusta, che non ha bisogno di molta acqua» spiega. Ce ne sono anche nell’appezzamento di Contrada Valle di Fico, che è l’orgoglio del papà di Simona, che nei decenni ne ha fatto un giardino, togliendo a mano i massi e mettendo a dimora olivi, carrubi, mandorli: rappresentano un pezzo di storia della famiglia, e Simona e Giuseppe non hanno alcuna intenzione di perderla.

Per raggiungere Valle di Fico ci si muove sotto la Moarda, la montagna che sovrasta Altofonte, le cui cime toccano circa i 1.100 metri sul livello del mare: prima dei devastanti incendi dell’estate 2020 era occupata da un bosco che ricordava il passato della cittadina, i cui abitanti si chiamano parchitani.

Parchitani

«Lo sai come si chiamano gli abitanti di Altofonte?» dice Giuseppe. Ma non sto partecipando a un quiz televisivo e la domanda per lui è solo un modo per ricostruire la storia di Altofonte, un paesone di diecimila abitanti abbracciato alla montagna, le cui strade sono un dedalo di continui saliscendi. Solo consultando Wikipedia potrei indovinare che si chiamano “parchitani”, da Parco: quest’area era una delle riserve di caccia dei re normanni, impiantati attorno a Palermo nel XII secolo. In particolare, fu Ruggero II a far costruire qui un palazzo per la sua villeggiatura. Vicino al quale c’era una ricchissima fonte d’acqua, chiamata Altofonte. La cittadina ha assunto il nome con cui la conosciamo oggi solo nel 1930.

Il secondo obiettivo di Fior di Mandorlo è quello di realizzare una vera fattoria didattica, capace di coinvolgere i bambini, che all’interno degli spazi devono avere libertà di muoversi. «Ho studiato alcune esperienze del Nord Italia, ho lavorato in Trentino nell’estate del 2018 e ho visto com’erano organizzate quelle strutture: sono semplici, con pochi spazi costruiti, tutto è alla portata dei bambini che sono liberi di muoversi in aree molto vaste e possono avere un contatto diretto e non solo visivo con l’animale. Lo possono accarezzare, perché non è dietro una rete» racconta tutto d’un fiato. Simona ha scelto tre razze adatte ai bambini: gli asinelli di razza mini Del Guado, che raggiungono un’altezza massima di 80 centimetri, la Pecora dal Naso Nero del Vallese (come si capisce dal nome, ha il muso nero e il manto bianco) e le galline Moroseta, originarie della Cina, caratterizzate dal pelo al posto delle piume e da un carattere mansueto. «Vorrei creare opportunità di lavoro, in ambito agricolo ed educativo, per i giovani del territorio: questo è, in sintesi, ciò che desidero realizzare».

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