OFFICINA BIOMAT
Il concetto chiave è riutilizzo, spiegano mostrando Biki, un bicchiere lavabile pensato per aiutare grandi manifestazioni, festival, sagre ed eventi privati a diventare plastic free. «È in policarbonato, una plastica nobile» dice Fabio Villan. «Per comprendere questo progetto dobbiamo introdurre e riuscire a comunicare un termine ingegneristico, LCA, l’analisi del ciclo di vita di un prodotto: quando si progetta qualcosa è necessario calcolare quanta CO2 è emessa in atmosfera dal momento della produzione al fine vita. In questo caso, un bicchiere in policarbonato (PC), che viene riutilizzato più volte e lavato all’interno di una lavastoviglie ad alto rendimento è probabilmente più “sostenibile” di un bicchiere usa e getta in bioplastica, che diventa rifiuto dopo 20 secondi ed ha comportato emissioni per coltivare la biomassa, trasformarla, produrre il bicchiere. In termini di LCA, Biki lo possiamo confrontare anche con un bicchiere in vetro, che potrebbe rompersi ed avere una vita più corta di quella programmabile» dice Michele.
LCA
L’Analisi del ciclo di vita di un prodotto (LCA è l’acronimo per l’inglese Life Cycle Assessment) studia gli aspetti ambientali e gli impatti potenziali lungo tutta la vita del prodotto o di un servizio, che va dall’acquisizione delle materie prime e passa per le fasi di fabbricazione e utilizzazione, fino allo smaltimento. Le principali categorie di impatto ambientale che vengono prese in considerazione riguardano l’utilizzo di risorse naturali, la salute dell’uomo e le conseguenze ecologiche. Effettuare una LCA significa analizzare la storia di un prodotto o di un processo «dalla culla alla tomba», descrivendone le prestazioni energetiche e ambientali attraverso appositi modelli. La LCA è parte integrante dell’ecodesign, un approccio progettuale orientato alla ricerca di soluzioni improntate alla massima ecocompatibilità. L’approccio LCA è ormai consolidato ed è stato posto alla base di alcune politiche ambientali dell’Unione Europea e delle iniziative legate all’etichettatura ecologica (Ecolabel), agli “acquisti verdi” (Green Public Procurement) e allo sviluppo delle tecnologie più opportune (quelle che sono definite come BAT, Best Available Techniques).
Biki
«Il meccanismo di funzionamento è semplice: la prima birra invece di 4 euro la paghi 5. Quando finisci la birra e riconsegni il bicchiere ti viene dato un token, stampato a partire da questo pellet bionaturale: non è una cauzione né una caparra, è un coperto, il tuo contributo per fare di quell’evento uno spazio plastic free. Quando prendi eventualmente una seconda birra riconsegni il token e in cambio ti viene ridato il bicchiere» spiega Michele Galeri.
A partire da un’analisi dei costi, condivisa con alcuni gestori di sagre, Officina Biomat ha capito che eliminare i bicchieri di plastica a vantaggio di quello riutilizzabile può rappresentare anche un investimento vantaggioso: chi compra 700 Biki, pagandolo un euro l’uno, dalla birra numero 701 spillata guadagna un euro a bicchiere. Inoltre, Biki può essere personalizzabile, diventare un gadget che le persone portano a casa come ricordo di una manifestazione (che sia sagra o concerto).
«Dopo aver promosso il progetto avevamo raccolto le prime manifestazioni di interesse e ne stavamo parlando anche con il Comune di Perugia, perché nel centro storico c’è un problema legato ai locali ed ai bicchieri di vetro in strada. Lo abbiamo sperimentato in un evento, con 3 punti bar e una lavabicchieri. Anche se in tre serate sono passate 2.500 persone, con 400 bicchieri siamo riusciti a servire tutti e a sostituire tutto l’usa e getta» racconta Andrea Buini.
Con ogni bicchiere viene distribuito un token, un gettone che sembra di legno ma in realtà è di plastica: una plastica 100% vegetale, ricavata a partire da un pellet di biomasse legnose, frutto di scarti di potature. «È stato complicato rendere questo materiale liquido, per poi farlo entrare all’interno di uno stampo. Utilizzando macchinari progettati per le plastiche convenzionaliè difficile regolare temperature ed iniezione» racconta Fabio Villan.
Biki e token rappresentano una «sintesi della nostra collaborazione» dice Michele Galeri: per il bicchiere, per il momento, è meglio la plastica, mentre per l’oggettistica complementare possiamo giù usare un biomateriale. La prossima frontiera della sperimentazione riguarda la trasformazione di un pellet trasparente ricavato dalla fibra di canapa. Ce lo mostrano: è incredibile pensare che abbia un’origine al cento per cento vegetale. «Abbiamo stampato alcuni cofanetti. Questi prototipi ora sono in fase di analisi in un laboratorio. Dobbiamo capirne i possibili utilizzi» spiega Michele Galeri. Il biopolimero da cui è ricavato costa 15 volte in più rispetto al policarbonato (PCA), il più caro tra quelli utilizzati per produrre le plastiche comunemente in commercio.