ROSBETTOLA
Lui e la moglie Marzia, documentaristi, l’amore per la montagna l’hanno rafforzato raccontandola, dopo aver fondato nel 1990, poco più che ventenni, Studiouno Produzioni Televisive. La maggior parte dei loro lavori sono dedicati alla vita sulle Alpi e sono il frutto di ricerca territoriale e di incontri che oggi alimentano anche la carta di «ROSBettola», che è un’osteria di infimo ordine solo sull’insegna. «Siamo rimasti in contatto con tanti malgari, pastori, allevatori, gente che vive in montagna, e di montagna, da sempre. Questo oggi ci permette di offrire formaggi che non si trovano altrove. Il nostro lavoro è una scoperta continua: ci sono tanti giovani che fanno prodotti buonissimi, ma non sanno seguire la distribuzione. Ci sono famiglie che vanno in alpeggio da quattro o cinque generazioni. Per acquistare questi formaggi bisogna salire, a volte anche a piedi, mettendo in conto giornate intere».
Formaggi
Sandro Gastinelli è la carta dei formaggi di ROSBettola. Ne racconta la storia a tutti i clienti. Il giro inizia con una toma fresca «cento per cento pecora» che arriva dalla borgata Baracco di Roccaforte di Mondovì, in Valle Ellero. «Il caseificio di Carlo e Teresa si chiama AgriBiô. Il secondo arriva da Valliera, una frazione di Castelmagno: il latte è quello delle vacche di lì, caseificato come se fosse un nustral, nostrale, le tome stagionate che arrivano dalla montagna o dall’alpeggio. Poi c’è un Blu di Vacca, dell’azienda La Fissello, di Morra di Villar San Costanzo: è un erborinato fatto col latte di vacca grigia, una razza diffusa in Trentino – continua Sandro -. Infine, c’è il tre latti, cioè in parti uguali capra, pecora e vacca». Lo fanno dei giovani alla Cascina Pasero, nella piana tra Boves e Cuneo. «La particolarità sono i 220 giorni di stagionatura – dice Sandro -. Per noi, si mangia anche la crosta».
Il racconto di Edith disegna una scena: l’auto della famiglia Gastinelli – papà, mamma e due figli – che vanno a conoscere uno per uno i fornitori, tutti insieme appassionatamente: «Nell’ultimo anno non andavamo semplicemente ad assaggiare, ma a raccontare la nostra idea, il progetto, perché era importante capire se la persona che incontravamo era sulla nostra lunghezza d’onda. Qui all’osteria raccontiamo ogni prodotto che serviamo e per questo è fondamentale ogni “storia”, ogni persona» spiega. È vegetariana, dice, ma anche lei ha mangiato i salumi di Ezio Ghibaudo, macellaio e norcino di Chiusa di Pesio (CN), ed è sempre lei a raccontarli ai clienti che ne ordinano un tagliere. «Cerchiamo coerenza in tutti gli alimenti: la provenienza dell’animale è fondamentale e così sapere che è stato trattato con coscienza. A dirla tutta, mi sentirei peggio a bere una Coca Cola» sottolinea Edith.
Salumi
È Edith, vegetariana, a raccontare i salumi, che arrivano dal laboratorio di Ezio Gribaudo, a Chiusa Pesio (CN). Tra le particolarità, ci sono alcuni salumi di bovino, come la mortadella («del maiale usa solo i cubetti di grasso») e la salsiccia stagionata di vitella. Sul tagliere sta anche del prosciutto cotto e presentarlo aiuta Edith a spiegare come si realizza un vero insaccato di qualità in modo artigianale: «Ezio non usa esaltatori di sapore chimici né conservanti: la sapidità è data da un “fondo bruno” che ottiene bollendo le ossa di maiale abbrustolite e quindi iniettato nella massa di prosciuto, che poi viene massaggiato per 12 ore perché entri nelle fibre. A quel punto, poi, la cottura avviene a basse temperature».