MIELIFICIO SOTTOVALLE
Secondo Camuffo, il prezzo al pubblico dei miele millefiori dovrebbe essere intorno ai 10-12 euro al chilogrammo, per salire ai 15 euro al chilo per tutti i monoflora come l’acacia. “La realtà che viviamo noi, però è un’altra – spiega – anche in stagioni critiche come il 2019 dove abbiamo avuto un maggio freddo e piovoso, che ha ridotto la produzione di acacia, c’è uno stallo totale del mercato convenzionale tanto che, alla fine ottobre non era stato ancora stabilito un prezzo per la vendita del miele all’ingrosso”.
Ottobre è il mese in cui il raccolto annuale di miele finisce, non ci sono più fioriture e le api si preparano al riposo invernale. All’interno del suo Mielificio, nel 2019, Mattia ha prodotto circa 18 quintali di miele, raddoppiando il quantitativo rispetto all’annata precedente. Con il miele a sua disposizione, può dedicarsi anche alla sperimentazione di una propria ricetta originale per produzione di idromele, bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione del miele. Era parte del progetto premiato al termine del campus ReStartApp e rappresenta un’alternativa alla commercializzazione del miele. Ne assaggiamo una versione dolce e una secca e come per i vini, i sentori cambiano sensibilmente a seconda che la maturazione avvenga in legno o in acciaio. “Alla base c’è un ‘mosto’, una soluzione di miele e acqua al 25 per cento. All’inizio lo riscaldavo, oggi uso acqua tiepida – spiega Mattia – questo permette di mantenere intatti i lieviti naturalmente presenti nel miele. Sto sperimentando così nuove tecniche di fermentazione spontanea”.
Le api si preparano al riposo invernale
Le api passano la stagione fredda in glomere, ovvero, formano una palla all’interno della cassetta, se riescono esattamente al centro, lì si tengono al caldo: “muovendosi con movimenti impercettibili, rallentano molto il metabolismo, di conseguenza il loro fabbisogno di cibo diminuisce sensibilmente” – spiega Mattia Camuffo. In questo periodo, la regina non cova per non disperdere energie. Quando arriva la primavera e la temperatura esterna raggiunge i 12 gradi, l’apicoltore torna ad aprire le arnie per controllare che le api non muoiano di fame. In questa stagione infatti, la covata riprende, per questo la famiglia che sta crescendo ha un alto dispendio energetico, ma se le condizioni meteo avverse non dovessero permettere alle api di trasportare nell’arnia polline e nettare e ci fosse pertanto carenza di cibo, questo andrebbe e indebolire l’intera colonia impedendole di lavorare in modo adeguato al momento della fioritura dell’acacia, la più importante tra quelle primaverili.
La crescita nella produzione 2019 per il Mielificio Sottovalle è legata sia al maggior numero di cassette sia al fatto che una parte sia stata posizionata a valle, nella valle dello Scrivia per la precisione. “Le postazioni in pianura hanno lo svantaggio di essere più vicine all’agricoltura convenzionale, ma ho notato che la produzione è maggiore e soprattutto si riducono gli intervalli in cui non ci sono fonti di cibo. Le api hanno maggiori scorte e per questo stanno meglio. Sono però più esposte al rischio di avvelenamento e a un maggior numero di malattie anche a causa della presenza più massiccia di apicoltori. In Appennino sono più sane, ma soffrono la fame e capita spesso di doverle nutrire, in particolare in primavera, quando la regina cova e c’è un incremento del fabbisogno energetico per far crescere la famiglia” – racconta il nostro apicoltore.
La vita dell’apiario infatti riprende tra gennaio e febbraio con la fioritura del nocciolo, pianta fondamentale per l’importazione iniziale di polline: “Il polline è un elemento molto proteico, che aiuta le api ad alimentare gli insetti appena nati. Segna l’inizio della primavera anche se formalmente siamo ancora in pieno inverno” – spiega Mattia Camuffo – “Dopo il riposo invernale e il blocco della covata, le nuove api bottinatrici si preparano ad uscire. Per raccogliere il nettare e portare in giro il polline, alimentando così il ciclo della vita.