LA CHANVOSA

L’azienda agricola di Evelina è nata nel 2017, all’inizio dell’estate. «I terreni che coltivo sono piccole parcelle, dislocate un po’ ovunque. Non semino solo canapa, ma porto avanti la tradizione degli orti come si facevano una volta». Il campo di Croveo, quello più vicino all’abitazione dove Evelina vive con la famiglia, esplode di biodiversità: ci sono decine di varietà orticole, cereali, e poi «ci sono i fiori, che attirano le api, spezzano e interrompono le colture, in modo che gli insetti dannosi abbiano difficoltà a propagarsi – racconta – sono accorgimenti che servono per portare avanti le coltivazioni in maniera biologica» aggiunge. 

La superficie complessiva dei terreni inseriti nel fascicolo aziendale della Chanvosa è di un ettaro e mezzo. Oltre ai terreni a Croveo ce ne sono anche ai 1.600 metri sul livello del mare dell’Alpe Devero, una conca di pascoli ai piedi delle cime delle Alpi Lepontine. «La parte che coltivo, ad oggi, è pari a circa duemila metri quadrati, 500 dei quali dedicati alla canapa sativa» racconta Evelina, mentre passeggia nel suo orto.
Di fianco alle piante di varietà Carmagnola, che a fine giugno superano già i due metri d’altezza, spiega di intervenire per la raccolta in tre momenti diversi: «Prima i fiori, quindi le foglie, per ultimo il seme: trasformo tutto a mano, con questa superficie aziendale è gestibile». Il ciclo è semestrale, dalla semina agli ultimi raccolti nel mese di settembre. 
La sorella maggiore Fabrizia, con cui ha avviato il progetto, le dà una mano, ma lei ha due figli e la gestione è in larga parte sulle spalle di Evelina. «La canapa, in ogni caso, è una pianta rustica, che non ha grosse pretese. Uno dei vantaggi è che contrasta le infestanti, ma finché è piccolina va aiutata: quando arriva ai venti-venticinque centimetri, invece, le infestanti non le danno più fastidio».

Canapa sativa

In Italia è possibile coltivare la varietà di canapa iscritte nel «Catalogo comune  delle  varietà  delle specie di piante agricole», ai sensi dell’articolo 17 della direttiva

2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002: si tratta di varietà che «non rientrano

nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza» come spiega l’articolo 1 della legge 242 del 2016.

Si tratta, in particolare, di varietà certificate che non sviluppano una forte concentrazione di THC, cioè di delta-9-tetraidrocannabinolo, che ha effetti psicotropi. La legge consente la coltivazione di «varietà di canapa aventi tenore in THC non superiore allo 0,2%».

Ogni anno Evelina Felisatti deve così acquistare semi certificati, e specificare sulle confezioni di semi in vendita che si tratta di un prodotto esclusivamente ad uso alimentare.  

«Non è possibile essere autonomi nella coltivazione, perché se dovessi riseminare i miei semi, non è detto che questi non sviluppino in percentuale una maggior concentrazione di THC» spiega. Le piante che crescono a Baceno, invece, hanno una buona quantità di CBD, cannabidiolo, che non è sotto controllo internazionale come sostanza psicotropa ed è utilizzato a fini terapeutici. «Quando acquisto il seme faccio una denuncia alle forze dell’ordine, per sicurezza: nella dichiarazione indico il lotto della semente e la parcella del terreno adibita. Lo faccio in autotutela» spiega Evelina.

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