GOJI DEL MUGELLO
Nel 2017, ascoltando Radio Toscana, Erica scopre il campus ReStartApp, s’iscrive: il progetto Goji del Mugello vince il primo premio. «Al campus ho avuto l’opportunità di confrontarmi con altri giovani imprenditori molto più formati di me sulla materia agricola. La formazione in quell’ambito è stata fondamentale». Per l’esperienza in azienda prevista dal piano didattico del campus, Erica va a Due Carrare (Padova), ai piedi dei Colli Euganei, dove a Villa Capodaglio è nata Goji Capo, un’impresa che coltiva bacche di goji in regime di agricoltura biologica. «Da loro abbiamo poi acquistato le piantine e ancora oggi ci supportano per quanto riguarda le tecniche di coltivazione» racconta Erica. Spiega che i filari di Goji Lycium Barbarum (così si chiama la pianta da cui si ricavano le bacche) non hanno bisogno di trattamenti; che patiscono l’umidità – e per questo si adattano bene all’Appennino -, apprezzano il vento e possono essere attaccati dalle cimici («cosa che però a noi non è successa» sottolinea Erica). La famiglia Pini tratta le piante con concime e fertilizzanti biologici e l’azienda è biologica certificata, fin dall’inizio dell’attività.
biologici
L’azienda agricola Pini è certificata biologica fin dall’avvio dell’attività, e controllata CCPB. Il frutteto che ospita le piante di Goji Lycium Barbarum, infatti, era incolto, e questo, per legge, permette al titolare dell’azienda di chiedere il riconoscimento retroattivo del periodo di conversione, che normalmente per le produzioni agricole è di tre anni. «Abbiamo dovuto dimostrare che il terreno non veniva lavorato da anni e che non esistono nei pressi del nostro campo possibili elementi di contaminazione. Tutto ciò, ovviamente, va fatto con analisi alla mano». La certificazione è resa possibile dal fatto che anche le piantine, acquistate da Goji Capo al prezzo di 5,50 euro l’una, erano biologiche.
Quando tutto l’impianto entrerà in produzione, le bacche raccolte dovrebbero arrivare ad almeno 350 grammi a pianta, fino a raggiungere anche a un chilo a pianta: in totale almeno due tonnellate. «La raccolta si fa a mano:le bacche si possono consumare fresche, anche se siamo abituati a vederle essiccate. Il nostro progetto, però, prevede la trasformazione- sottolinea Erica – Stiamo sperimentando alcune ricette». È per questo che accanto alle piante di Goji Lycium Barbarum nel terreno in località Grezzanello ci sono anche gli arbusti di Ciliegie di Nanchino e alberi di pere Nashi, dalla caratteristica forma rotonda, oltre a lamponi e more. «Immaginiamo di trasformare le bacche in confetture, associandole ad altri frutti cinesi o a frutti rossi italiani. Lo scorso anno abbiamo preparato anche una marmellata di goji e fichi, molto buona» racconta.
Oltre il torrente c’è un altro terreno di famiglia a disposizione: potrebbe ospitare un secondo frutteto una volta terminato il periodo di sperimentazione. Accanto ai filari di Goji, invece, sarà impiantata una vigna di mezzo ettaro. «Anche una marmellata o un succo d’uva con bacche di Goji potrebbero essere proposte interessanti » spiega Erica.
Tra i progetti dell’azienda agricola Pini (questo il nome della start up avviata da Erica alla fine del 2017) c’è anche la ristrutturazione di un vecchio molino lungo il torrente Pesciola, che potrebbe diventare un laboratorio di trasformazione. Per il momento, però, immagina di affidarsi allo stabilimento de Lunica, il rivenditore di frutta e verdura più importante del territorio, che negli ultimi anni ha realizzato un importante progetto di filiera in Mugello, che coinvolge una quarantina di aziende agricole in un raggio di 70 chilometri da Vicchio. «Hanno inaugurato il laboratorio per la trasformazione di prodotti biologici, quindi il primo passo sarà appoggiarmi a loro. Ci ho parlato, e si sono detti disponibili. Un’altra opzione, per noi, nel caso non ci fosse in futuro la volontà o la possibilità di trasformare tutto autonomamente, è quella di conferire il prodotto fresco a Goji Capo».